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Storia della Scuola Agraria

Una scuola che ha origine nel 1883

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Cento anni di storia ed un rinnovato impegno al servizio del territorio In occasione del Centenario della nascita della Scuola Agraria di Sassari, il 29 Aprile 1995, l’allora Preside dell’Istituto Agrario, prof Pietro Zuccarello espose alla platea del Teatro Verdi i cento anni della storia della Scuola Agraria.

Gli anni delle origini e del Prof. Vallese. Nella seconda metà del secolo scorso l’agricoltura sassarese appariva caratterizzata da profonde deficienze strutturali (polverizzazione della proprietà fondiaria, frammentazione, insufficiente viabilità, precarietà dei rifornimenti idrici, ecc,) cui si aggiungevano notevoli carenze derivanti dall’arretratezza delle tecniche colturali. La concimazione veniva eseguita raramente ed irrazionalmente; la meccanizzazione veniva scarsamente praticata, anche per gli ostacoli derivanti dalla frammentazione degli appezzamenti; le tecniche di produzione dei formaggi e dei tessuti di lana e di lino risultavano piuttosto arretrate; anche la zootecnia stentava a camminare al passo coi tempi: tanto da compromettere le esportazioni verso la Francia. Vi era, in sostanza, una situazione di profonda crisi, chiaramente messa in risalto dall’inchiesta condotta nel 1869 dalla Commissione Depretis e confermata, nel 1880, dalla Commissione Salaris. Tale situazione non poteva lasciare indifferenti le Amministrazioni locali dell’epoca. Ne conseguirono generalizzate sollecitazioni al potere centrale perché intervenisse in modo efficace.

Nel quadro degli interventi con cui il governo di allora rispose a tali sollecitazioni si inserisce la nota del Ministero dell’Agricoltura, Industria e Commercio, datata 21 dicembre 1879 e diretta alla Deputazione Provinciale di Sassari, con cui quest’ultima veniva sollecitata a creare una Scuola di Agricoltura, quale premessa indispensabile per porre le basi dello sviluppo agricolo. Una scuola cui dovevano essere annessi una azienda agraria ed un convitto: strutture ritenute indispensabili per la formazione di “giovinetti campagnoli” che potessero diventare “fattori, castaldi” cui affidare il compito di migliorare i processi produttivi agricoli. Del resto, in quel periodo, la nascita di Scuole di Agricoltura fu un fenomeno che caratterizzò l’intero territorio nazionale. La legge che ne codificò le strutture, l’organizzazione ed il modo di funzionare fu la n. 3141 del 6-6-1885. In tale legge, rispettivamente agli artt. 4 e 5, era prevista come obbligatoria la presenza di un convitto e di un podere, ove addestrare concretamente gli alunni. Quanto al livello formativo di ammissione l’art. 3 prevedeva che gli alunni dovessero essere forniti di promozione alla 3^ classe elementare. Tutto ciò sulla base di un progetto complessivo che si poneva obiettivi eminentemente addestrativi da perseguire attraverso itinerari didattici prevalentemente pratici e concreti, con esclusione di ogni approfondimento teorico.

Fu in tale contesto che sorse la Regia Scuola Pratica di Agricoltura di Nulvi, istituita con R.D. 19-4-1883, cui il Comune di Nulvi cedette gratuitamente il fabbricato già adibito a convento dei Cappuccini. Secondo il regolamento ministeriale approvato il 10 giugno del 1884 il personale della scuola era costituito dal Direttore (che era anche insegnante di Agricoltura, Economia rurale ed Industrie agrarie), da un vicedirettore (che era anche insegnante di scienze fisiche e naturali, di geometria e di disegno geometrico e topografico) e da un maestro-censore, responsabile del convitto e insegnante di italiano, storia, geografia, aritmetica, contabilità e calligrafia). Per il funzionamento dell’azienda agraria erano previste le importantissime figure del capo-coltivatore e del sotto-capo coltivatore che attendevano alle attività agricole “avvalendosi degli allievi tutti”. Il corso era triennale, l’istruzione teorica era limitata al massimo e le materie erano svolte secondo programmi assai elementari. L’insegnamento teorico iniziava il 15 settembre e finiva il 15 luglio. Il lavoro in azienda durava tutto l’anno. Secondo l’art. 45 del regolamento agli allievi non si potevano concedere che 20 giorni di vacanza: 10 a Pasqua e 10 a Natale. Il lavoro manuale obbligatorio in azienda agraria era di almeno 6 ore al giorno. E l’art. 47 così recitava: “Quando, per cattivo tempo o per altro motivo, sia impedito il lavoro nell’aperta campagna, gli alunni acconciano e mettono in assetto gli attrezzi agricoli e si esercitano nell’eseguire nei laboratori e nelle stalle quelle operazioni che sono di volta in volta indicate”. Mentre l’art. 48 disponeva che “i giorni festivi sono più specialmente riservati alla istruzione morale, all’adempimento delle pratiche religiose ed agli esercizi militari”. Rimane da dire che i corsi erano triennali e che al termine si conseguiva il titolo di “agente di campagna”.

Ma le cose a Nulvi, ove in pochi anni si avvicendarono 4 o 5 rettori — ultimo dei quali fu il Prof. Vallese — non andarono troppo bene. In una lettera del 1890, infatti, il Prefetto di Sassari scriveva alla Deputazione Provinciale che “il Ministero di Agricoltura, Industria e Commercio ebbe a notare che le condizioni della regia Scuola Pratica di Agricoltura di Nulvi si mantengono ben poco promettenti e che i risultati fin qui ottenuti da quell’ insegnamento teorico e pratico sono ben lungi dal corrispondere ai sacrifici pecuniari che richiede quella scuola, Il Ministero ha pure notato che la Scuola ha un limitato numero di alunni e che i terreni non si prestano abbastanza alle condizioni insegnative necessarie e all’impegno delle macchine”. “Il Ministero” proseguiva il Prefetto di Sassari “crede unico rimedio a questa sconfortante condizione di cose il trasferimento della Scuola in località più appropriata, che giudicherebbe conveniente nelle vicinanze di Sassari”. Tale progetto andò rapidamente avanti talché nella riunione del Consiglio Provinciale di Sassari del 3-9-1892, il Consigliere Garavetti relazionò sull’impianto della Scuola Pratica di Agricoltura di Sassari, riferendo che per detto impianto erano stati individuati “un predio degli eredi del marchese di San Saturnino, nella località Baddimanna, che a giudizio della Commissione si riconobbe avere tutti i requisiti voluti, ad eccezione dell’acqua di irrigazione” disponibile, invece, nell’ attiguo predio del Duca di Vallombrosa, patrizio sassarese dimorante a Parigi. Il tutto acquisibile per la somma complessiva di ca. £. 46.000.

Nel corso della riunione del Consiglio provinciale intervennero nella discussione alcuni consiglieri che si dichiararono non convinti dell’utilità di questa scuola “avuto riguardo alle desolanti prove del passato”. Malgrado ciò, comunque, la deliberazione passò all’unanimità. Si procedette quindi all’acquisto dei due predi: il predio di Vallombrosa secondo i periti Dott. Leonardo Taras e Sig. Manzoni Antonio, giaceva “a circa 2 campi di distanza dalla città” e vi si accedeva “mediante la strada consortile Sassari-Sorso, tenuta ora in discreto stato”. Il fondo era destinato in parte ad agrumeto ed a seminativo e, nella parte prevalente, ad oliveto. Il Predio San Saturnino, invece, era destinato parte a vigna e parte ad oliveto e, secondo gli stessi periti, distava“dall’abitato circa 10 minuti, sempre accedendovi dalla strada Sassari-Sorso”. L’avviso relativo all’apertura delle iscrizioni al primo anno scolastico fu pubblicato dal giornale“L’Isola” del 20 luglio. Si richiedeva come titolo di studio la promozione alla quarta classe elementare: cioè un anno in più rispetto al passato. La Scuola venne inaugurata il 7 ottobre 1894, con l’intervento del Comm. Miraglia, Direttore generale del Ministero dell’ Agricoltura. Al 1° anno furono ammessi 22 alunni. Solo in 12 vennero promossi (5 avevano abbandonato la scuola durante l’anno) e solo in 10 tornarono l’anno successivo. L’anno dopo si iscrissero 16 alunni, di cui solo 10 vennero promossi. Diversamente da quanto accade oggi, le Scuole agrarie dell’epoca, come si è già detto, erano alle dipendenze del Ministero dell’Agricoltura, che le considerava non solo come strumento di formazione agraria ma anche come fondamentale veicolo diretto di tecnologia per il progresso agricolo del territorio. E proprio per perseguire meglio tale obiettivo la Scuola agraria di Sassari venne dotata dal menzionato Ministero di apposite strutture quali un vivaio di viti americane di 5 ettari (che si aggiunsero ai 27 ettari da cui era costituta l’azienda agraria) una Stazione zootecnica bovina, ovina e suina, un deposito di macchine agricole ed un incubatoio di piscicoltura. 3 Il Direttore Vallese, in una sua relazione del 1896, riferiva che le prime barbatelle di viti americane innestate, essenziali per il risanamento dei vigneti fillosserati, si sarebbero potute vendere ai viticoltori del Sassarese, a prezzo di costo, già a partire dal 1897. A proposito della Stazione zootecnica Vallese riferiva che era costituita da un vitello di pura razza svizzera “che poteva iniziare a saltare già nella primavera successiva”, da un gruppo di ovini di razza Merinos-Rambouillet (razza peraltro “poco accetta agli allevatori sardi” e, quindi, da vendere e sostituire “con un gruppo di razza Sopravissana , più adatta alle condizioni di clima e di terreno della Sardegna) e, infine, da un gruppo di suini di razza Yorkshire.

Per quanto concerne il deposito di macchine agricole, Vallese riferiva che le macchine, di proprietà dello Stato, venivano concesse temporaneamente e gratuitamente ai proprietari che volevano sperimentarle. L’impianto dell’incubatoio di piscicoltura fu ordinato dal Ministero dopo che il Prof. Vinciguerra, direttore della Stazione di Piscicoltura di Roma venuto in Sardegna nel novembre del 1894 per studiare le cause dello spopolamento delle acque dolci della regione, relazionò sui rimedi da porre in essere. Nella sua relazione Vallese riferiva che già nell’inverno a cavallo fra il 1895 ed il 1896 si erano immessi nelle acque del territorio sassarese circa 30.000 avannotti di trota arcobaleno “specie nuova per la Sardegna”, ottenuti con l’incubazione di 40.000 uova fatte venire dal continente. “Altre immissioni” prosegue il Prof. Vallese “verranno eseguite nel prossimo inverno, con avannotti prodotti da uova provenienti dal Continente, finché non saranno giunte a maturità le trote allevate nella Scuola, in un mascone testé costruito, con le quali si eseguirà sul luogo la produzione delle uova e la fecondazione artificiale delle medesime”. L’attenzione che il Ministero dell’Agricoltura portava alla Scuola quale strumento di promozione dello sviluppo agricolo del territorio, è anche dimostrato dall’ Istituzione dell’oleificio, costituito da un frantoio a macelli e da tre torchi idraulici, che iniziò a funzionare con la campagna olearia 1895/96, dal finanziamento di concorsi vari (per la coltivazione delle viti americane e per l’innesto degli olivastri) e, soprattutto, dal finanziamento del “Corso Speciale di Caseificio, inteso ad istruirepraticamente i casari della Sardegna”.

Il primo corso fu tenuto nell’a.s. 1895/96 dal vicedirettore Prof. Bochicchio, coadiuvato per la parte pratica dal Capo-coltivatore Sig. Antonazzo. Vi parteciparono 8 giovani, di cui 4 della provincia di Sassari e 4 della provincia di Cagliari. I risultati del corso furono tali da indurre il Prof. Vallese a dirsi certo che “data l’importanza che il miglioramento dell’industria casearia ha nell’isola, l’insegnamento del Caseificio andrà sempre più allargandosi e contribuirà ad accrescere la simpatia accrescere la simpatia della popolazione sarda verso la Scuola di fresco nata”. Per quanto sopra è facile affermare che il rapporto fra la Regia Scuola Pratica di Agricoltura di Sassari ed il territorio fu sin dall’inizio felice ed intenso. Ciò, specialmente, se si ha riguardo alla funzione di promozione esplicata dalla scuola stessa nei riguardi dell’ambiente agricolo. Non tutti, invece, riuscivano ad apprezzarne subito, in tutto il suo valore, la specifica attività formativa. A tale proposito il Prof. Vallese scriveva che “nella provincia non è ancora da tutti conosciuto lo scopo vero della Scuola Pratica di Agricoltura: molti credono che in essa debbano formarsi dei periti agrimensori, dei professionisti destinati ad ingrossare la numerosa schiera degli spostati, sempre in agguato a dar la caccia all’impiego; e restano sorpresi non poco quando, visitando la scuola, trovano i giovani alunni occupati a zappare, a guidare l’aratro, ad innestare, a governare il bestiame nella stalla o a curare il concime nella concimaia. Un contadino, che nello scorso anno aveva messo un suo figliolo nella scuola, restò scandalizzato nel vederlo tornare dal campo con la zappa su d’una spalla e lo ritirò immediatamente in famiglia, osservando che l’arte della zappa avrebbe potuto benissimo impararla in casa propria. Una madre ritirò anch’essa suo figlio in famiglia, perché un giorno visitandolo mentre era addetto non so a quale lavoro, si accorse che sudava! 4 Un ‘altra categoria di persone crede che la Scuola agraria invece di un istituto di educazione e di istruzione sia un istituto di correzione ove si rinchiudono i giovani che la famiglia non ha potuto o saputo domare. Non mancano infine coloro che si rivolgono a questa Scuola come ultima ancora di salvezza per i loro figlioli che nelle scuole tecniche e nel ginnasio restano travolti da ripetutebocciature.” “Ad onor dei vero” concludeva però il direttore Vallese “ codesto elemento, benché rappresentato nella nostra Scuola, non ne forma fortunatamente la maggioranza; i più degli allievi provengono da famiglie di piccoli e medi proprietari venuti qui col precipuo scopo di imparare a coltivare ed amministrare i propri beni, cosa di cui vi è tanto bisogno”. “ E nutro fiducia” concludeva Vallese“che con l’andare del tempo la Scuola verrà meglio compresa, acquistandosi sempre più la simpatia del pubblico”.

Gli anni del Prof. Pellegrini e del consolidamento della scuola. Il 1° novembre del 1897 la direzione della scuola agraria passò al Prof. Nicolò Pellegrini. Tre anni dopo, nel 1900, la Scuola partecipò alla Esposizione Universale di Parigi, meritandosi la medaglia d’argento per l’insegnamento speciale agricolo. Fu quello a cavallo degli anni di inizio secolo, un periodo di grande impulso alle attività della scuola. Gli iscritti, che negli anni di Vallese si attestarono intorno alle 20 unità all’anno, salirono rapidamente fino alle quasi 40 unità del 1901, per poi ridiscendere negli anni successivi, anche per le carenze determinate dai mancati interventi dell’Amministrazione Provinciale a sostegno delle strutture della scuola-convitto. Malgrado tali carenze, però, le attività della Scuola, sotto l’impulso continuo ed appassionato del Prof. Pellegrini, procedevano senza soste. Nell’azienda agraria, in particolare, le migliorie procedevano in modo assai intenso.

A questo proposito, in una sua relazione del 1900, il Direttore Pellegrini scriveva che quel periodo “fu molto proficuo per le esercitazioni pratiche degli allievi anche dei 3 corsi ordinari, perché, stante le molteplici opere di miglioria e di coltivazione che si vanno svolgendo nel podere ebbero modo, gli allievi stessi, di applicarsi agli scassi del terreno per la piantagione di nuove vigne, alla esecuzione pratica manuale di un lungo tratto di fognatura a pietrame, alla potatura razionale degli alberi da frutto nelle forme di vaso, di piramide, di cordone, ecc., alla potatura delle viti nei sistemi alla Guyot, alla latina, a tralcio speronato per pergole e spalliere, alla formazione di barbatellai, alla rimonda degli agrumi, all’innesto degli olivastri ed a tante altre manualità”. Ed all’attività degli alunni dei primi 3 corsi si aggiungeva, a tempo pieno, quella degli alunni del 4° corso facoltativo, per i quali erano previste solo applicazioni concrete in azienda agraria. E fu nello stesso periodo che l’azienda medesima si arricchì di altri 4 ettari circa di buon terreno. Fu infatti all’inizio del 1900 che si dette corso alle pratiche per l’acquisto degli Orti del Paradiso, confinanti con l’orto della scuola e di cui era proprietario il Marchese di Saint-Just. E fu anche in quel periodo che su proposta del Consiglio didattico, approvata dal Comitato Amministrativo, il Ministero dell’Agricoltura concedeva che per l’ammissione alla Scuola fosse richiesta la licenza elementare superiore. “E ciò perché” scriveva il Direttore Pellegrini nel 1901 “i giovani che prima entravano con la sola licenza elementare inferiore, possedevano una insufficiente preparazione nelle materie di cultura generale. Questa nuova condizione” proseguivail Direttore“ha causato una diminuzione del numero degli alunni. Del resto è meglio pochi ma buoni che molti e scadenti, tanto più che” concludeva Pellegrini “l’Amministrazione Provinciale (non sappiamo perché) pare non abbia molta fretta di porre mano ai già deliberati ampliamenti del convitto, Anzi, per tale ristrettezza di locali, non è più neppure il caso di desiderare una scolaresca molto numerosa”. 5 E tali condizioni rimasero in essere ancora per molti anni; talchè ancora nel 1920 gli scritti alla scuola risultarono stazionare intorno alle 20 unità all’anno.

Ma la scuola, intanto, proseguiva ed intensificava la sua azione promozionale a favore del territorio. Nel 1900 il Ministero dell’Agricoltura costituì presso la Scuola agraria di Sassari la Cattedra Ambulante di Agricoltura. Al riguardo il Direttore Pellegrini nel 1908, scriveva “che le molte conferenze tenute nei villaggi con pratiche dimostrazioni, le prove pubbliche di aratri, di macchine diverse, i campi dimostrativi, le iniziative per promuovere la cooperazione rurale, i consulti, i sopralluoghi, le analisi di terre, di vini e d’altro, l’esame di piante ammalate ed il suggerimento pronto degli opportuni rimedi, e via dicendo, hanno molto contribuito alla sollecita diffusione dei nuovi e più redditizi metodi colturali e di industrie agrarie”. Nel solo 1908 le conferenze agrarie tenute dai professori della scuola in tutto il territorio della provincia ammontarono a ben 118. Ma la scuola, scrive ancora Pellegrini “ha giovato non poco al progresso agrario della Regione con i corsi temporanei di caseificio, di viticoltura moderna, di vinificazione, di innesto e potatura, ecc”.“Non va dimenticata neppure” prosegue Pellegrini “la parte notevole presa per il progresso agrario locale dal Regio Deposito di Macchine agrarie (con la concessione temporanea delle macchine agli agricoltori per esperimentarle e giudicarne praticamente l’utilità), dalla Regia Stazione zootecnica (col servizio di monta taurina, suina ed ovina e colla vendita di scelti animali di razze migliorate), dal Regio Vivaio di viti americane”. Tali strutture, così come il caseificio sperimentale e l’incubatoio di piscicoltura, erano in piena attività ancora negli anni intorno al 1910. Ed è nel primo decennio del secolo che alle altre attività della scuola si aggiunsero l’insegnamento agrario ai militari del presidio di Sassari, la sorveglianza sulla produzione e sul commercio dei vini e degli oli di oliva e la gestione di campi dimostrativi di istituzione governativa (sulla coltivazione del grano, sulla concimazione indiretta, sulle rotazioni, ecc.). Insomma: il contesto era tale che lo stesso Prof. Pellegrini, in un suo scritto del 1908, riconobbe “la preminenza dell’attività della Scuola come Istituto di propaganda agraria immediata di fronte a quella spiegata come Istituto di insegnamento per giovani alunni”. E tutto ciò, secondo la lucida analisi del medesimo Prof. Pellegrini era dovuto:

1) alla tendenza dei padri di famiglia di avviare i figlioli con preferenza alle Scuole tecniche o ginnasiali, aprenti l’adito a carriere diverse, secondo le tendenze che in seguito i giovanetti potranno addimostrare, mentre che avviandoli alla nostra Scuola, non possono, dopo, proseguire in altre carriere che in quella agricola;

2) alla circostanza che molto spesso le famiglie mandano a questa Scuola giovanetti poco suscettibili di qualsiasi miglioramento e, perciò, tolti alle altre scuole, colla speranza che nello studio agrario e nella pratica dei campi abbiano meglio a riuscire, quasicché gli studi agrari siano cosa facile. Ed è invece il contrario;

3) alla nessuna o quasi richiesta di veri agenti agrari da parte dei proprietari sardi, i quali novanta volte su cento affidano ad un contadino qualunque, un po’ più sveglio ed intelligente degli altri, e che sappia un tantino leggere e far di conto, la propria azienda, riservandosi molte volte di intervenire direttamente a stabilire lavori, riduzioni, piantamenti, ecc., guastando anche quel po’ di buono che per pratica avrebbe potuto fare il cosiddetto fattore;

4) al mancato incoraggiamento del Governo e delle Pubbliche Amministrazioni i quali tutti dovrebbero preferire per impieghi agricoli i giovani licenziati dalle nostre scuole, mentre vediamo in moltissimi casi che i posti vengono dati a giovani senza alcun titolo o che han fatto la scuola tecnica o qualche anno di ginnasio;

5) alla deficiente età con cui escono dalla Scuola i licenziati, i quali perciò non possono subito ispirare quella fiducia che richiederebbesi per metterli alla testa di operai adulti, per affidare loro maneggio di somme, consegna di capitali talvolta ingenti, ecc.

Ed è proprio da talune di queste motivazioni che prenderà avvio la successiva riforma delle Regie Scuole Pratiche di Agricoltura, poi trasformate in Regie Scuole agrarie medie con R.D. 30-12-1923, n, 3214. Intanto il Prof. Pellegrini dovette lasciare la direzione della Scuola agraria di Sassari perché, con nota 10 agosto 1915, n. 19287, il Ministro dell’epoca lo trasferiva “per imprescindibili necessità di servizio” alla direzione della Regia Scuola Pratica di Agricoltura di S. Ilario Ligure.

Seguirono 5/6 anni di totale discontinuità nella conduzione della scuola, alla cui direzione si avvicendarono i Proff. Tamaro Domenico (dall’ottobre 1915 all’autunno del 1918), il Prof. Arina Giovanni, dall’autunno del 1918 al gennaio 1919), il Prof. Eddo Bellucci, dal gennaio 1919 al dicembre dello stesso anno) ed, infine, ancora il Prof. Arina, fino al rientro di Pellegrini, avvenuto nell’autunno del 1920.